Perché andiamo così lontano da casa.
Si inizia la propria attività, che sia escursionistica, speleologica, di scalata, a due passi da casa, specialmente chi inizia da ragazzino. Se vivi in Sardegna, prima o poi, il richiamo del Supramonte diventerà irresistibile; se non vivi vicino a questo massiccio carbonatico allora viaggerai ogni volta per quattro, sei ore per andarci e per tornare a casa.
Io ho iniziato che avevo già la patente e dalle modeste montagne della Sardegna il passo naturale è stato muoversi verso quelle della Corsica, prima in inverno, poi in estate e dopo ancora in inverno. Successivamente mi è capitato, come a tantissime altre persone, di spingermi verso montagne ed ambienti naturali sempre più distanti: le Alpi, i Pirenei, la Sierra de Guara, il Carso, l’Islanda, la Patagonia, la Norvegia, l’Atlante, le montagne di Giordania, Vietnam e Giappone.
L’impulso verso sempre nuove mete è irresistibile, credo abbiate perfettamente presente ciò di cui parlo; ma cosa ci spinge ad andare così lontano da casa, così distante dalla nostra zona di confort? Andare lontano amplia le difficoltà, logistiche, di spostamento, di organizzazione, solleva barriere linguistiche e culturali; ci porta spesso in luoghi dove il rischio ambientale è elevato, ci mette di fronte a situazioni di forte isolamento.
Allora perché andiamo? Perché sentiamo il bisogno di affrontare tutte queste complicazioni ed incertezze pur di andare?
Io penso che si possa parlarne, discuterne, possiamo rifletterci sopra ma trovare una risposta razionale, logica e certa no. La spinta viene dalla nostra testa, quindi dal nostro animo e dalla nostra sensibilità, siamo pertanto nel relativismo più assoluto.
Io personalmente voglio andare in un determinato luogo perché bramo inspiegabilmente di essere lì, ed una volta in quel luogo sono felice senza alcuna ragione; tutte le altre considerazioni seguenti sono solo un tentativo di giustificare, motivare, incasellare una pulsione irrazionale e profonda. Si va lontano ed oltre il nostro orizzonte per curiosità e spirito d’avventura; per voglia di rischio, alcuni ricercano il pericolo. Si va per il bisogno di sentire l’ingaggio, di lottare dentro qualcosa di più grande; per godere della bellezza ineffabile di certi luoghi; per provare condizioni climatiche a noi sconosciute; per crescere misurandoci con la Natura; per semplificare di colpo la nostra vita ed i nostri bisogni riducendoli all’essenziale. Andiamo per meravigliarci ancora una volta di fronte a qualcosa di mai visto o per trovarci in un luogo a lungo sognato, perché certi territori rappresentano sogni, icone di un modo di essere, incarnano l’avventura.
Vorrei porre rimedio a questo vaniloquio con due considerazioni, se non intelligenti quantomeno non stupide.
Il lontano e l’avventura sono anche molto vicini a noi. A undici anni esplorare un bosco a dieci chilometri da casa andandoci in bicicletta significa andare lontano.
Se sapete che esiste una “cosa” del genere, non vi viene voglia di vederla dal vivo?