Alpi Marittime: dalla Valle Stura alla Val Gesso

Nuovamente sulle Alpi. Agosto 2013.

Primo giorno: Pontebernardo (1.312 m.).

“Hey svegliati dormiglione. Guarda chi c’è? Sono loro! Tony e Luke sono tornati! Sembra che verranno da Voi!”

E’ il monte Argentera, nell’Alta Val Gesso, la cima più alta delle Marittime, a scuotersi.

Nel farlo lascia cadere qualche sasso dalle sue vertiginose pietraie.

Rompe solo per un attimo la magica quiete di queste montagne poco appariscenti, mentre le nubi attorno alla vetta si sfrangiano come per sospingerne ancora più lontano, lo sguardo vigile e severo, capace di dominare ogni colle ed ogni cima e frugare il cuore verde dei boschi pedemontani.

“Ma non dovevano partire dalla Valscura? Non si erano fermati al Livio Bianco l’estate scorsa? Il Lago Malinvern se ne avrebbe a male se non passassero a trovarlo.”

Il Monte Tenibres, più in là, oltre l’incavo dell’onda di vallate e creste, si riaccende d’improvviso nella sua culla di roccia che sormonta il  serpeggiare dei prati attorno ad occhieggianti specchi blu. “E poi…sei sicuro? Son così pochi ad arrivare quassù”.

“Certo. Tranquillo. Partono da Pontebernardo ma poi ci arrivano. Iniziano dalla “fine” per tornare al “principio”. Per loro non è un dettaglio importante. Cominciano a capire che quel che conta davvero, è quel che sta in mezzo, tra l’emozione di una partenza e la nostalgia dell’arrivo. Son strani questi esseri umani ma sanno sorprendere. Han deciso così e non possiamo farci niente. Però stai sicuro che avremo modo di goderceli da vicino. Ci passeranno proprio accanto.” Il Becco Alto d’Ischiator, lascia che le correnti d’aria ascendenti liberino la sua cresta dai cumulonembi, prima di continuare: “Dai continua a raccontare che da qui non vediamo bene”.

L’Argentera non si lascia pregare. Stavolta si rivolge al Brocan, poco distante: “Eccoli che scendono dal mezzo. Li riconosci? Son sempre loro.”

“Si. Quello con lo zaino grande e a bitorzoli, con i capelli ogni anno che passa un po’ più bianchi, è Tony. Luke lo riconosci, invece, per l’ordine della sua attrezzatura e per l’abbigliamento impeccabile. Guardali come si muovono. Tony sembra sempre sul chi vive prima di cominciare. Il passo ha fame di sentiero, perché sa che dentro ogni itinerario saprà ritrovare quel che sa essere davvero. Luke invece è più pacato nei toni e nei modi, anche nel passo. E’ più elegante, anche se a volte quassù l’emozione lo scompone e lui ha imparato a lasciarsi andare. Ora ci riesce anche quando gli capita di inciampare. E poi lo vuoi sapere un segreto? Ho scoperto che Luke non suda. L’ho osservato a lungo e ti dico che è vero.”

Il Brocan lascia che il vento distenda appena gli specchi d’acqua  fra i nevai prossimi alla cresta abbozzando un sorriso:  “Sono un po’ spaesati. Non hanno idea di dove si trovano.  Posso capirli, in mezzo al deserto di quella striscia d’asfalto circondata dai verdi. Meno male che Pontebernardo si è accorto di loro.

Eccolo che si riaccende.

Le case prendono forma. Compare all’improvviso come da un “nulla” che, però, sa nascondere il “tutto”. Da sempre fuori dal tempo, sfugge all’incantesimo del suo lieto anonimato, per tornare nel tempo degli uomini ogni volta che gli capita di ospitare degli escursionisti dal cuore sincero. Ecco, vedi? Le casette, la piazza con la chiesetta e la fontana, il bar,  il punto ristoro della “Pecora Nera”, il posto tappa GTA  “Le Barricate”.

Anche la gente si risveglia. Sono magici anche loro anche se non lo sanno. Sfuggono una volta ancora all’incantesimo che li costringe a quel silenzio senza tempo che solo l’animo gentile di un viandante può spezzare.

Qualcuno esce ad accoglierli. Altri, i più, li osservano da dentro le casette strette a mucchio sotto la montagna. Eccoli al rifugio. Non c’è nessuno stanotte.  Dormiranno tranquilli. Non c’è motivo di vegliare su di loro. Possiamo continuare a guardare le stelle.”

“E così sia!”, rispose il Becco Alto d’Ischiator: “Dimmi, a proposito, qual è la tua costellazione preferita? Hai deciso?”

L’Argentera sbadiglia:“Macché sto ancora cercando. Perché mi hai proposto questo gioco? Mi sa tanto che stavolta mi hai fregato. Finirò per arrendermi. E poi son stanco. E’ tempo per me di provare a prendere sonno. Solo un attimo ancora che mi scrollo di dosso altre due pietre pruriginose, proprio qui nel fianco…Fatto. Buona notte “ragazzi”. E domani svegli da presto che non voglio perdermi un solo passo di questa vostra ennesima avventura”

Secondo giorno: da Pontebernardo (1.312m.) al Colle di Panieris (2.683 m.), passando per la località Prati del Vallone (1.720 m.).

Un po’ d’asfalto,  poi cemento e infine sterrata nel cuore del bosco attraverso il Vallone Superiore di Pontebernardo.  Un serpente ad ampi tornanti dalla pendenza non aggressiva. L’ideale per intraprendere un cammino.

Prati del Vallone. Qui la montagna chiama più forte e ci si può fermare ad osservare  uno dei tanti incastri d’infinito. Rifugio Talarico. Due chiacchiere, appena qualche indicazione. Non è difficile porre domande e trovare risposte quassù.

Argentera: “Dai che è tardi ragazzi. Affrettatevi!”

Becco Alto d’Ischiator: “Eccoli che si muovono. Evvai…Questo si che è un inizio!!!”

Un gradone inerbito, un altro ancora. Una malga. In lontananza una cascata.

Nubi dispettose. Piove. Proprio quando il sentiero dopo aver costeggiato dal basso la testa della vallata,  inizia a risalire un paesaggio roccioso.

Un passo dopo l’altro, in decisa pendenza. Fortificazioni.

La Cima Las Blancias, la più vicina, anche se in terra francese, osserva incuriosita i due escursionisti arrancare sotto le intemperie sul ripido pendio.   “Guardali come salgono. Piccole tartarughe che non hanno fretta di tornare a casa perché casa è ovunque.  Sono al fortino. Non si fermeranno li? No dai! Aspetta…Gli sparo dentro un po’ di vento. Un po’ di montagna dispettosa li farà smuovere.”

Argentera: “Si, ma solo un po’ però. Non li spaventare.”

Becco Alto d’Ischiator “Benissimo. Si spostano! Salgono ancora. Ora sono al bunker. Non è un bel posto in mezzo ad un fortunale. Che fanno? Aspetta c’è una feritoia. E’ quella giusta. Han visto la malga.”

Cima Las Blancias: “Splendido lei non aspettava altro. Mamma mia che acquazzone. Poveri ragazzi!”

Becco Alto d’Ischiator: “Proprio ragazzi non direi. Triste destino, il nostro, di affezionarci agli umani e poi vederli passare.”

Argentera: “Non ci pensare. Oggi abbiamo il privilegio di stargli a portata di cresta.”

Crinale. Corsa a perdifiato sotto un bastione di roccia. Poi prato in discesa, fradicio.

Cima Las Blancias: “Sono dentro. Possiamo tirare un sospiro di sollievo.”

Becco Alto d’Ischiator: “Niente stelle stanotte. Be non ci rimane che scrutare le valli e ricamarne i giochi d’ombre. Bello questo silenzio. Ogni notte è diverso. Da sempre.”

Monte Tenibres: “Non ti stanchi mai vero?”

Becco Alto d’Ischiator:  “No. Perché a te capita?”

Monte Tenibres:  “Certo che no! Eppure,  a volte, invidio la malinconia degli uomini. Quel loro sapere che non avranno il tempo di posare per sempre il passo su un sentiero amico e, allora,  si lasciano andare a quel senso di meraviglia che è solo loro e che ha tutta la forza di un’eternità perduta e ritrovata, anche solo per qualche attimo”.

Argentera: “Per sempre nemmeno noi.  Ma è davvero ancora troppo presto per pensarci. A domani amici miei.”

Terzo giorno: dal Colle di Panieris (2.673 m.)alla galleria in prossimità del Grande Lago de Rabuons  (2.500 m.), sul Chemin de l’Energie, passando attraverso  i Laghi di Vens (2.380 m.).

Mattina luminosa. La serenità è uno zaino che pesa sulle spalle. Colle di Panieris, tra ciò che resta di vecchie fortificazioni militari.  Poi cresta, mai aggettante.

Argentera: “Non li vedo più. Anzi…No…Eccoli! Sono su quella linea invisibile che chiamano confine. Non so cosa sia in realtà. Non l’ho mai capito.”

Cima Las Blancias: “A chi lo dici! Loro…, gli uomini,  lo usano per spiegare il senso di  parole astruse come “nostro” e “vostro”,  per rafforzare l’idea di un “mio” e di un “tuo”.  Ma è davvero tutt’uno o siamo cosi antiche dal continuare a pensarlo e hanno invece ragione loro nel costruire dighe impossibili sul mare della vita?”

Argentera: “Questi due però, un po’, la pensano come noi. Guarda come saltellano a sbeffeggiare quella linea senza un significato reale, dove il paesaggio passa da parte a parte, senza soluzione di continuità, come questo cielo, che ci accarezza tutti senza distinzioni, sotto questo sole che, da sempre, tocca ogni cosa per mettere a nudo, senza sfumature, la meraviglia dell’essere.”

Laghi di Vens. L’emozione è un intorno di riflessi.

Becco Alto d’Ischiator: “Guarda i Vens come son vanitosi. Si sono vestiti a festa per questa visita inattesa.”

Cima Las Blancias: “Già. Son sempre molto attenti agli escursionisti. Ma quando, pur di rado, qualcuno porta loro il passo più pesante di chi arriva da lontano, allora si rallegrano oltremodo. E amano appropriarsi di quella fatica densa di significato, ricambiandola con giochi d’acqua e prati fioriti dalla straordinaria bellezza. Un impegno sincero incontra sempre la magia di una pace senza traguardo.

Collet de Tortisse (2.591 m.) poi  Arc de Tortisse, simbolo del Parc du Mercantour.

Sentiero mai troppo ripido. In discesa. Refuge de Vens (2.380 m.)  del Club Alpin Francais, tra le pieghe della pietra intarsiata dai prati. E poi giochi di verdi e celesti che separano laghi smeraldo dall’inesausto baluginio.

Ti osservano come tanti occhi e ti avvolgono come un solo  abbraccio, che però non ti trattiene, ma ti fa quasi volare su trasparenze che non sanno del  confine fra la terra e il cielo.

Un crinale. E’ la pietra a sostituirsi al gorgoglio dei torrenti, poi subito, quasi d’improvviso, il Lago di Barbarottes (2.413 m.).

Cima Las Blancias: “E’ sempre un po’ cupo, forse perché lontano dagli altri. Sempre di malumore. Col maltempo poi….! Ecco. Minaccia nuovamente di piovere.”

Traccia che risale i fianchi della conca. Prende quota in direzione della vicina  Cresta des Barbarottes (2.506 m.). Sguardo che può spaziare sulla lontana vallata. Poco più in basso. Non distante. Al termine di un pendio detritico, segnato da sparuti ometti di pietre, “parte” il “Chemin de L’Energie”. Un cammino scolpito sul fianco della montagna.  Chilometri di sentiero pianeggiante ad alta quota.

Argentera: “Arrivano da te!”.

Monte Tenibres: “Si. Li vedo”

Silenzio…

Bacco Alto d’Ischiator: “Eccolo che si scioglie! Lo sapevo. Hey musone che ci racconti?”

Monte Tenibres: “Sono ormai vicinissimi.  Il passo è spedito. Sono curiosi. Ogni volta che entrano in una galleria si accendono di un emozione strana che ricorda quella dei bambini.”

Plan de Tenibres  (2.328 m.),  il sentiero diventa anfiteatro d’acque e di verdi, poi l’ennesimo tunnel artificiale, quasi una caverna. La volta antistante l’ingresso è parzialmente franata di recente.

Argentera: “Vediamo se si spaventano…Quanti dubbi….Dai non fate così….”

Monte Tenibres: “Si fermano. Tornano indietro. No. Qui la tenda proprio non gliela faccio sistemare. Eccoli che riprovano! Tentano il passaggio. Pochi metri e sono fuori. Un po’ emozionati ma contenti. Non li vedo più, ma posso sentirli. Camminano al buio. Galleria. Si fermano qui stanotte. Non sono lontani dal rifugio. Forza tutti a nanna! Veglierò io su di loro. Domani toccherà all’Ischiator raccontarci cosa fanno.”

Quarto giorno: dal Chemin de l’Energie al Refuge du Lac de Rabuons (2.523 m.) e da quest’ultimo al Rifugio Guglielmo  Migliorero (2.094 m.) attraverso il Passo dell’ Ischiator (2.860 m.).

Tornanti. Un edificio in costruzione. Poi un pendio. Conca glaciale.  Lac de Rabuons, il più grande delle Marittime. Hey dov’è il lago? Qui c’è solo un immensa pozza dentro un caotico cantiere. Il corso delle acque è stato dirottato per la realizzazione delle canalizzazioni che alimenteranno una centrale  idroelettrica nascosta. L’idea del “Chemin de l’Energie si accinge a farsi progetto grandioso.

L’acqua tornerà a lavori finiti, con le prime nevi dell’inverno, quando ogni artificio sarà celato nel ventre caldo della  terra. Tornerà ad incorniciare il Refugè de Rabuons (2.523 m.) stagliato, sul colle più alto fra quelli attorno a quel che resta del Grande Lago.

Sosta al Rifugio prima di riprendere la marcia. Sponde del Lago. Pietraie. Qualche nevaio. In alto, molto più su, tra mastodontiche coltri detritiche, una serie di valichi paralleli,  confondono gli escursionisti. Quale via scegliere?

Becco Alto d’Ischiator: “Hey dove passano? Son fermi da un bel po’. Stan guardando te.”

Cima di Corborant: “No. non sbaglieranno. Ecco che ti vengono incontro. Meno male! Non è facile ma almeno non è esposto come da me.”

Becco Alto d’Ischiator: “Salgono al Passo. Mi fanno un gran solletico sulle pietraie. Son stanchi. Non sanno cosa troveranno eppure non desistono. Non hanno più la voglia di tornare indietro dei primi approcci. Si fidano di noi.”

Corborant: “E vuoi deluderli?”

Becco Alto d’Ischiator “Niente affatto. Ora gli tendo qualche appiglio su roccette perché superino l’ultima spalletta petrosa, accanto al nevaio. Eccoli. Sono finalmente al colle. E’ sempre ripido ma stavolta si scende. Il passo è fermo.”

Un lago azzurro, intenso, cinto dalle pietraie  sotto il “Passo della Marmotta” e la cima del Corborant. Poi nebbia e pioggia, fitta. I Laghi mediani dell’Ischiator, appena un velo di celeste smarrito nella foschia, si lasciano solo immaginare. Il sentiero è da indovinare. Visibilità a pochi metri.

Corborant: “Non stiamo esagerando?”.

Becco Alto d’Ischiator “Lascia che intuiscano: è a volte più importante della realtà ciò che che gli uomini scolpiscono nel loro animo, fantasia che si fa valore.”

Corborant: “Si però ora  tira via le tende che son quasi al Migliorero. Falli emozionare. Caspita è davvero bello! Nonostante la pioggia battente. Là dentro potranno riposare e poi, per il nostro piacere, ripartiranno. Son diretti a Sant. Anna sai? Il Monastero.”

Rifugio Migliorero (2.094 m.) sul Lago Inferiore dell’Ischiator (2.064 m.). Notte.  Senza stelle.

Corborant:  “Sai non vedo l’ora che sia domani. Mi sono affezionato a questi due.”

Quinto giorno: dal Rifugio Migliorero (2.094 m.) alla Capanna Tesina (1.947 m.) passando per  il Paese di San Bernolfo (1.702 m.).

Un erto crinale lascia che il sentiero gli si arrotoli attorno. Scorci mozzafiato.

Poi saliscendi su sfasciumi fino al Passo di Laroussa (2.471 m.) a saltare l’ennesima dorsale fra le valli. Discesa verso il centro abitato di San Bernolfo (1.702 m.). Estenuante.  Bel paesino. Sosta all’accogliente locanda  “Dahu”, poi carrareccia all’ombra dei sempreverdi e a margine di  importanti arrivi d’acqua. Callieri: un pugno di casolari deserti. Temporale. Stavolta al riparo.

Lunga attesa poi un abbozzo di schiarita.  Chiesetta campestre. Finalmente sentiero, in costante ascesa, dentro un bosco fittissimo di larici e di abeti, dal ricco sottobosco, accanto a un rumoroso torrente. Piove ancora. Passo che accelerà e copre, senza starci a pensare, dislivello e distanze.

Testata del Vallone di Tesina. Fantastica, segnata dai torrenti fra alberi solitari e prati coloriti. C’è freddo ma anche una capanna, che pare in attesa, a ridosso di un enorme blocco di pietra (Capanna Tesina) con un porticato. Blow Lite dentro uno splendido tramonto. Freddo.

Corborant: “E anche oggi è andata. Nonostante il maltempo. Finiranno per stufarsi di noi.”

Argentera: “Non penso. Il vero viaggio è dentro di se, lì dove sta a ciascuno, stabilire se  scegliere l’inverno o l’estate, se abbandonarsi all’autunno dell’anima o lasciarsi carezzare da una primavera senza tempo, se sposare l’idea di una pioggia che bagna o nutre la vita.”

Sesto giorno: dalla Capanna Tesina (1.947 m.)  al Santuario di Sant’Anna di Vinadio (2.035 m.) per il Passo di Tesina (2.400 m.).

Il sentiero risale la testata della valle. Quasi cerca il sole mentre i prati provano a scuotersi di dosso arazzi di gelo. Si arrampica deciso su un costone laterale, immettendo in una splendida sella superiore dove si passeggia per fantastiche balze inerbite, in un paesaggio  bucolico che accarezza i pensieri portando a soffermarsi sui migliori. Vallone di Roccias Lion su cui si staglia un suggestivo specchio d’acqua.

Argentera: “Dai ragazzi che adesso si sale. Un ultimo sforzo!!!”

Cielo a pecorelle. Una dorsale rocciosa pare volerlo toccare ad ogni costo. Passo di Tesina (2.400 m.). Giro dei Laghi attorno al santuario di Sant. Anna su un bel sentiero di confine: Colle di Saboulé (2.460 m.), Col de Lauster (2.430 m.) e Colle di Sant’Anna (2.308 m.) su fantastici specchi d’acqua che riflettono un cielo sempre più grigio. Lago del Colle di Sant’ Anna (2.156 m.), infine Santuario di Sant’Anna (il più alto d’Europa) e Rifugio Alpino Casa San Gioachino.

Arcobaleno.

Brocan: “Meritatissimo!”

Settimo giorno: dal Santuario di Sant’Anna di Vinadio (2.035 m.) al Rifugio Malinvern Città di Ceva (1.839 m.) passando per il valico di confine del Col de La Lombarde (2.350 m.) ed il Passo d’Orgials (2.600 m.).

Ancora Lago di Sant’Anna poi il Colle, omonimo, nei cui pressi un sentiero dirupato serpeggia per una ripida coltre detritica.  Valico di confine. Spartiacque di paesaggi straordinari da ambo i lati.

E’ un paradiso di pace senza pendenze. Col de la lombarde (2.350 m.). Poi asfalto e deserto di enormi blocchi di pietra per la troppa fretta di tornare alla montagna. Finalmente sentiero, sempre più in alto. Nuvole. Pioggia.  Passo di Orgials.

Argentera: “Dai ragazzi c’è solo da scendere ora!!!”

Rocca della Paur: “Non li vedo ma posso quasi sentirli. Sono vicini ormai”

Argentera: “Si, tornano a trovarci. La Valscura non è poi così distante.”

Discesa interminabile, per prati, fino ai Laghi d’Orgials (Laghi della Valletta 2.285 m.) di uno splendido verde acceso.

Ancora vallata.  Sempre ampia, sempre in pendenza fino al Lago Inferiore della Valletta (2.146 m.), ennesimo specchio d’acqua, incastonato in un angolo incantevole. Bosco. Pioggia abbondante. Rifugio Malinvern, sul Vallone di Rio Freddo. Ottima accoglienza. Splendida cena. Niente Blow Lite stanotte.

Nota: Il sentiero che dal Colle della Lombarda conduce al Passo d’Orgials parte alla quota di 2.280 m., in territorio italiano, dopo circa 1.500 metri di asfalto in lieve discesa dal valico di confine.

Ottavo Giorno: dal Rifugio Malinvern (1.839 m.) a Terme di Valdieri passando per i Laghi di Valscura.

Alberi ovunque. Poi il Rio Freddo. Strardinario. Ricorda un po’ quello di Fuen Blanca sui Pirenei. Un tunnel di ghiaccio. Inatteso. Quindi versante, boscoso e faticosa ascesa.

Valico. Lago Malinvern (2.122 m.) a far capolino fra le nebbie.

Poi ancora salita, faticosa,  sembra non finire mai. Fino al colletto di Valscura (2.520 m.). Senza paesaggio. Ruderi militari. Lago inferiore di Valscura (2.274 m.). Val Gesso. Casa.

Rocca della Paur: “Tutto si compie. Ieri e oggi finalmente si ritrovano dentro quel passo sul sentiero che non sa mai essere uguale a se stesso perchè conosce solo il “qui” ed “ora” e prova a spiegarlo, senza posa. Ora che l’inizio ha trovato la sua conclusione. Ora che non c’è più distanza tra progetto ed esperienza, torneranno a casa, laggiù nella “civilization” e a noi, una volta tanto rimarrà il privilegio di un pizzico di malinconia.”

Argentera: “Tranquilli. Faremo in modo che ci basti fino al prossimo incontro. Non potranno fare a meno di noi troppo a lungo.  Un amore non è mai solo ricordo. E’ richiamo. Ci ritroveremo ancora e sarà bello condividere del tempo insieme. Finito ma prezioso, prodigo di emozioni che, immortali, sapranno rinnovare il miracolo di essere, che riduce ogni distanza fra l’uomo e le montagne. E allora buon passo ragazzi ovunque saprà portarvi.”

Sentiero, per prati che si fanno bosco e torrenti. E’ la Piana del Valasco (1.763 m.), immensa.

Rifugio Pian della Casa del Re (1.735 m.). Poi silenzio. Nostalgia ma anche tanta voglia di raccontare, di ritrovare. Terme di Valdieri, poi Cuneo, Torino e ancora Sardegna.

Fine di un viaggio che poi, sempre, come un nuovo inizio, non sai mai dove ti porterà.

Note finali.

Nel dialogo intervengono, alcune tra  le principali cime dell’Alta Val Gesso e della Valle Stura di Demonte, località attraversate dai “nostri” trekkers.

Il Massiccio dell’Argentera,  domina le Alpi Marittime con i suoi 3.297 m.. Si  trova in Val Gesso tra gli accoglienti centri di Entracque e Valdieri.

Sempre in Val Gesso,  si stagliano il Monte Brocan (3.054 m.) e la Rocca della Paur (2.972 m.) che guardano dall’alto panorami mozzafiato, regno di laghi nascosti dall’azzurro intenso.

Il Monte Tenibres (3.031 m.), la Cima Corborant  (3.010 m.), il Becco Alto d’Ischiator (2.996 m.) si trovano, invece, nella Valle Stura di Demonte, come la  Cima Las Blancias (2.945 m.) non distante dallo spettacolo dei Laghi di Vens e dalla linea di confine fra il territorio italiano e quello francese.

Cartografia:

Carta dei sentieri e dei rifugi, 112-“Valle Stura, Vinadio, Argentera”, scala 1:25.000  – IGC: Istituto Geografico Centrale –  www.istitutogeograficocentrale.it

Carta dei sentieri e stradale: “Alta Valle Stura di Demonte”, scala  1:25.000 – Fraternali Editore – www.fraternalieditore.com

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