Agosto 2010. Questa volta saranno i Midi-Pirenei ad accogliere il nostro passo. Come ogni volta non sappiamo granché dei luoghi che ci accompagneranno, ma portiamo con noi ciò di cui davvero abbiamo bisogno. Su tutto, quella voglia di andare a scoprire cosa si nasconde fra quelle montagne, dove la Francia e la Spagna si toccano, inventandosi un confine che la natura non riconosce, semplicemente, perchè non c’è davvero.
Primo giorno
Una strada infinita ci porta dall’aeroporto di Girona a Huesca, capoluogo della provincia dell’Aragona, quindi Torla e, poco distante, Broto, sul Rio Ara. Qui arriviamo a notte fonda, per riposare qualche ora in un camping.
Secondo giorno
Un sentiero in leggera pendenza consente di evitare i tornanti d’asfalto e risalire per prati verso la vicina Torla, suggestivo centro turistico, i cui edifici di pietra raccontano di un tempo che qui si è fermato.
Attraversiamo il paese lasciando che si nasconda alle nostre spalle. Attorniati dal bosco, ci avviciniamo al Puente De Los Navarros, porta di accesso al Parco Nazionale di Ordesa, per poi addentrarci nella Valle De Bujaruelo con una decisa svolta a sinistra. Sotto una fitta pioggia, che accende un turbolento Rio Ara, percorriamo la sterrata che si arrotola tra i celesti del fiume e i verdi degli alberi, fino al Camping Y Refugio Valle De Bujaruelo dove, a fatica, riusciamo a montare le tende, in un pianoro sferzato da un vento gelido.
Note: il Refugio De Bujaruelo è un antico hospital de peregrinos, costruito nel dodicesimo secolo, oggi adattato a rifugio di montagna e punto strategico per godere delle meraviglie delle valli di Ordesa, Gavarnie e Panticosa.
Terzo giorno
Colazione di primo mattino, sotto un tendone da campo adibito a mensa, mentre il vento continua a scuotere i prati già colorati dalle tinte vive degli escursionisti. Qualche folata ancora a portar via le ultime nubi, poi, inaspettatamente, le chiome dei verdi smettono di ondeggiare e noi possiamo sistemare i bagagli e partire, zaino in spalla, sotto un cielo sereno.
Passiamo accanto al Puente De Pedra De Bujaruelo e alla Meson De San Nicolas De Bujaruelo chiave di accesso al cuore della Valle Del Ara fra tinte pastello che creano un paesaggio da fiaba. La nostra meta è la Cabaña Del Cerbillonar (1.820m.) con sullo sfondo il Corredor Zerbillonar, rivestito da un nevaio incuneato tra i versanti ovest delle cime montagnose della catena del Vignemale.
Ci incamminiamo sulla sterrata, stretta tra sfumature di azzurri e tutte le tonalità di verde. Il percorso, inizialmente pianeggiante, porta ad attraversare il torrente in corrispondenza del Puente de Oncins. Poi comincia a salire, intercetta una cascata, e si fa sentiero. Siamo davanti all’ennesimo ponte sul fiume, cui va incontro una fitta rete di affluenti. E’ il Puente de Ordiso vegliato da una cabaña di pietra (Refugio de Ordiso o del Vado 1.591m.).
Seguire il Rio Ordiso, condurrebbe ad una costruzione in rovina ai margini del Barranco de Ferreras al cospetto di suggestivi salti del torrente. Non è la nostra meta per cui non oltrepassiamo il ponte. Continuiamo, invece, ad inseguire il Rio Ara verso monte, alla base di sempre più imponenti versanti. La costante sono le trasparenze dei corsi d’acqua che arrivano da nevai non più così lontani a questa quota. La vegetazione intorno si dirada, lasciando spazio ai pascoli di alta montagna. Nel tardo pomeriggio, raggiungiamo la cabaña-rifugio che ci accoglierà per la notte. E’ vicina al fiume, le cui acque, freddissime, sono di una tonalità d’azzurro che mi invita a toccarle e a concedermi un bagno rigenerante, prima della meritata cena.
Quarto giorno
La valle si allarga man mano che risaliamo verso monte.
Esploriamo il paesaggio intorno infilandoci in una delle valli laterali che arricchiscono il Rio Ara. Passiamo per la Choza de los Batanes e risaliamo splendide balze fiorite, fino alla base di un bel nevaio che fa da cornice ad uno splendido lago pirenaico l’Ibón Inferior de Los Batanes.
Ci fermiamo per pranzo per poi, soddisfatti, tornare sui nostri passi, e seguire, ancora, il corso principale del Rio Ara fino alle sue sorgenti, ma solo dopo aver attraversato una montagna di grossi blocchi che complica la progressione. Il cammino si snoda adesso alla base di contrafforti rocciosi e detritici e conduce più in alto al Collado De Los Mulos o Col Des Mulets (2.591m.) che separa la Vallee De Gaube, sul versante francese, dalla Valle Del Ara. Il valico si trova proprio di fronte al Collado D’Arratille (2.528m.) che chiude la parte opposta della vallata e separa la Valle Del Ara dalla Vallee D’Arratille. Siamo sull’HRP – Haute Route Pyrénées. In corrispondenza di una ripida pietraia scegliamo di abbandonare anzitempo il fondovalle e tagliare verso il colle altissimo. Una scelta che ci costringerà a faticosissimi passaggi su un ghiaione interminabile, lontano dal sentiero che risale zigzagante i versanti scoscesi, per poi tagliarli e unire il Collado D’Arratille al Collado De Los Mulos.
In prossimità della sommità della valle si scorge nuovamente il profilo del Vignemale. E’ la sua mole a dominare il paesaggio durante la discesa per le ripide morene e pietraie che conducono al Refuge Des Oulettes De Gaube (2.151m.) ai piedi del versante nord. Il rifugio si trova nel cuore della Valle Del Rio Gave Des Oulettes. Qui volgendo lo sguardo verso sud-ovest si riescono a scorgere le principali cime della vallata: Petit Vignemale (3.032m.), Piton Carrè (3.197m.), Pointe De Chausenque (3.204m.), Pique Longe Du Vignemale (3.298m.), punto culminante dei Pirenei francesi. Siamo stanchissimi. Per oggi ci fermiamo qui.
Note: dal Refuge Des Oulettes De Gaube (2.151mt.) è possibile raggiungere il Lac De Gaube (1.725mt.) posto più in basso nella vallata incastonata tra i rilievi montagnosi, contornato di boschi e praterie, sulle cui acque si riflette il massiccio del Vignemale.
Quinto giorno
Un sentiero ascendente, ma sempre comodo, marcato GR10, consente di acquistare dislivello. Inizialmente in forte pendenza, prende quota per strette anse, per poi tagliare con un lungo traverso su sentiero, in direzione del colle Hourquete D´Ossoue (2.734m.) alla base del Petit Vignemale (3.032m.).
La risalita si accompagna a sinistra agli imponenti seracchi del Glacier D’Ossoue che vanta la maggiore estensione della catena pirenaica, e permette di spingere lo sguardo fino al Lac De Gaube, molto più in basso.
Durante l’itinerario approfittiamo di una sosta per visitare alcuni laghetti glaciali. Sono i Lacs d’Araillé, e sulle loro acque, dalle incredibili trasparenze, si specchia il paesaggio circostante.
Il sentiero diviene impervio e acquista in pendenza poco prima di arrivare al valico che immette sul pianoro su cui è posato il vicino Refuge De Bayssellance (2.651m.). In breve lo raggiungiamo concedendoci un pasto abbondante.
Nota: dall’Horquette D’Ossoue, con circa un’oretta di cammino, è possibile seguire il sentiero che conduce alla cima del Petit Vignemale (3.032m.) e permette di ammirare dall’alto il Glacier D’Ossoue.
Lasciato il rifugio alle nostre spalle perdiamo rapidamente dislivello, passando accanto ad alcune caverne (Grottes Bellevue), e attraversando il pianoro Oulettes D’Ossoue, accompagnati da una bella serie di cascate (Cascades Des Oulettes) e giochi d’acqua fra i nevai stretti dai versanti che pullulano di marmotte. E’ ormai tardo pomeriggio quando raggiungiamo l’invaso artificiale del Barrage (Embalse) D’Ossoue (1834 m.) dove campeggiamo in una cornice spettacolare.
Sesto giorno
Proseguiamo di primo mattino per un comodo sentiero dalle dolci pendenze, stretti tra le montagne e i prati che si allungano alle loro pendici, costellati da qualche cabaña in disuso, confusa fra i verdi ed i grigi. Incontriamo nell’ordine la cabañe de Lourdes (1.947 m.), la cabañe de Sausse Dessus e, infine, la cabañe de Tousaus (1.827 m.) ormai prossima alla cittadina di Gavarnie (1.375 m.). Quest’ultima, non distante da Lourdes, si trova nel cuore di un’area protetta, tanto sul versante francese (Parc National Des Pyrénéès), decisamente più verdeggiante, quanto sul versante spagnolo (Parque Nacional De Ordesa), particolarmente selvaggio e contraddistinto da un paesaggio di alta montagna. Qui passa anche il Cammino di Santiago di Compostela.
Nell’allegro centro turistico ci approvvigioniamo per poi sistemarci in un camping, sulla via che conduce alle vicine cascate. Sono sempre sullo sfondo ad animare con la loro eleganza l’ennesimo paesaggio dalla straordinaria suggestione.
Settimo giorno
Emozionati ci muoviamo verso la Grand Cascade e il Circo Glaciale Di Gavarnie (Cirque De Gavarnie) scolpito dalla millenaria azione dei ghiacci. Siamo dentro il Parque National Des Pyrenees, nel cuore di una spettacolare cattedrale di roccia dichiarata patrimonio mondiale dall’UNESCO. Da queste pareti, alte fino a 1000 m., scende la Grand Cascade che con i suoi 400 m. di salto senza toccare la roccia è la più alta cascata del continente europeo.
Ci addentriamo nella valle fino ai contrafforti rocciosi in un frastuono d’acque che corrono. Qui la roccia si lascia risalire attraverso Las Escaleras De Sarradets (L’echelles De Sarradets) che si inerpica ripida, serpeggiante e stretta, sulla destra rispetto a quanti osservano le cascate frontalmente. L’ascesa è impegnativa. A causa dei nostri zaini pesanti dobbiamo prestare la massima attenzione a posare il piede correttamente nei passaggi in roccia e nelle cenge di fine erbetta. Ci arrampichiamo con cautela fino ad un balcone roccioso molto panoramico proprio di fronte alla Gran Cascade. Siamo sul Plateau De Bellevue (1.700 m.) da cui è possibile abbracciare con lo sguardo tutto il Cirque De Gavarnie.
Nell’ultimo tratto il sentiero diviene meno impegnativo e immette in una straordinaria vallata rocciosa. Da questa posizione sopraelevata si intravede, in lontananza, il Col De Sarradets (2600 m.) con l’omonimo rifugio poco più in basso (Refuge De Sarradets). La valle è imponente e prende lentamente quota, stretta fra versanti dove i nevai si trasformano in torrenti segnando e lavorando la pietra.
A sera inoltrata raggiungiamo il rifugio chiamato anche Refuge de La Breche (2.587m.), abbarbicato sul pianoro sottostante la Breche de Roland, il cui colore rossastro domina l’ennesimo tramonto pirenaico.
Ci fermiamo qui stanotte, in piazzuole per le tende, protette da grossi massi e muretti a secco perché il vento da queste parti si fa sentire. Fa freddo ma il luogo è incredibile.
Ottavo giorno
La Breche de Roland (2.807m.) si raggiunge in meno di un’ora dal rifugio, superando un crinale detritico, un esteso nevaio e, infine, qualche facile passaggio in roccia. E’ una fenditura che divide la Francia dalla Spagna, da cui è possibile lasciare spaziare lo sguardo su entrambi i versanti. La leggenda narra che dopo la disfatta di Roncisvalle, il paladino di Carlo Magno, Rolando (l’Orlando furioso nei racconti italiani), ferito a morte dai saraceni in terra spagnola, in un impeto d’ira, con la sua spada Durandal, abbia inciso l’imponente muraglia di pietra, per consentire al suo sguardo di rivedere la terra francese per l’ultima volta.
Superate le creste detritiche e le chine rocciose, inclusa l’ultima balza superabile in facile arrampicata, siamo al valico e possiamo passare dal territorio francese al territorio spagnolo. Qui il sentiero è meno tracciato e segnato solamente da sparuti ometti di pietra. Il paesaggio è lunare, quasi che fossimo entrati in una nuova dimensione, antica, nascosta nel cuore segreto e, apparentemente caotico, di queste montagne.
Non affrontiamo la ripida e confusa china detritica che si para frontalmente allo sguardo e al passo degli escursionisti, ma ci spostiamo alla base delle pareti fino ad incontrare il Paso de los Sarrios (2.700 m.) sul versante sinistro per quanti si affaccino dalla Breche De Roland. Il tratto, in forte pendenza, è attrezzato con catene, per agevolare la manovra, con i piedi che poggiano su un sottile binario roccioso. Seguiamo la lunga cengia a mezzacosta per poi lasciarci alle spalle il profilo roccioso del Casco di Marborè. Da qui il sentiero si allunga alla sommità delle pietraie che costeggiano il bastione roccioso, in un paesaggio tormentato, dove, fra le coltri detritiche, indoviniamo i passaggi per la Gruta Helada de Casteret o Espluca Negra nella toponimia aragonese (2.650 m.), le cui pareti e il pavimento sono rivestiti dal ghiaccio fossile risalente al quaternario. E’ un ecosistema fragilissimo per cui evitiamo di trattenerci all’interno della cavità, limitandoci a scrutarla dall’esterno.
Note: la grotta è stata scoperta nel 1926 dallo speleologo francese Norbert Casteret (1897-1987). E’ considerata la caverna di ghiaccio fossile più alta al mondo ed è contraddistinta da una galleria articolata in una serie di sale, con stalattiti, stalagmiti, colate e colonne di ghiaccio. La conservazione delle suggestive formazioni di ghiaccio è dovuta alla presenza di correnti d’aria fredda che attraversano la caverna e provengono da diverse bocche fredde che si affacciano all’esterno.
Dal bastione petroso, antistante la Grotta, è possibile spaziare con lo sguardo sul suggestivo anfiteatro roccioso. Dopo una breve sosta riprendiamo a scendere dapprima per passaggi che attraversano un caotico ambiente di grossi massi accatastati, quindi per declivi erbosi. Siamo nel Barranco de La Breche dove seguire la traccia del sentiero, fra i pianori spogli battuti dal vento, non è semplice. E’ tardi e siamo costretti a fermarci in mezzo al niente, in una piana bellissima ai margini del curioso Pico Del Descargator (2.627m.).
Siamo sul livello superiore dei Llanos de Millaris sotto lo sguardo dell’omonimo rilievo (il Pico Millaris (2.619m.). Un torrente prende vita dal nulla per lanciarsi nel mistero del sottosuolo qualche centinaio di metri più avanti. Tutto è enorme, pare deserto ma pullula di vita. La quiete è surreale. E’ il regno di marmotte e stambecchi o dei rapaci che volteggiamo molto più in alto ed è un luogo straordinario per sistemare un campo. Aspettiamo perciò i colori del tramonto gustandoci la pace di questo incredibile angolo dei Pirenei.
Nono giorno
I Llanos De Millaris sono separati da un gradone roccioso, superabile in disarrampicata. Lo affrontiamo prudentemente con i nostri zaini pesanti.
I pianori tappezzati di gigli blu pirenaici e stelle alpine, sono attraversati da un torrente, lanciato verso il sottostante Rio Arazas, che forma una serie di cascate fino al Circo de Cotatuero e all’omonimo salto d’acqua. Ne seguiamo il corso per poi cercare nel cuore di un paesaggio carsico di straordinaria suggestione, vero e proprio paradiso della speleologia, la via verso la Faja de Las Flores. Quest’ultima è una strettissima cengia vertiginosa che costeggia il Circo de Carriata, aggettante sulla sottostante Valle De Ordesa, percorribile fino a quando il sentiero, attrezzato con cavetti d’acciaio, sembra perdersi nel vuoto. Il fondovalle è infatti raggiungibile solo attraverso dei passaggi attrezzati con cavetto d’acciaio: Las Clavijas De Salarons nei pressi del Tozal Del Mallo. Percorriamo la cengia sospesa tra i verdi del boschi e dei prati e gli azzurri del cielo, abbracciando con lo sguardo il Circo De Cotatuero, le Paredes De La Fraucata e la sottostante Valle De Ordesa. Siamo, molto in alto, sul versante nord dell’imponente vallata glaciale esattamente dalla parte opposta rispetto alla Faja De Pelay, a mezza costa, tra le imponenti pareti.
Nota: il sentiero per la Faja de Pelay, non semplice da individuare, parte in corrispondenza di alcune cascatelle, prima dei salti d’acqua che si lanciano nel Circo de Cotatuero, segue il verde pianoro sulla destra, e poi risale alcuni terrazzamenti erbosi fino alla cengia sospesa sul grande vuoto di Ordesa.
Torniamo sui nostri passi con continui saliscendi nel paesaggio carsico che crea anfiteatri naturali che richiamano meraviglie dell’antichità e tagliamo per il pianoro, inerpicandoci, a vista, a destra del Pico Del Descargator (2.627m.) per chi guarda dal basso la Breche de Roland. Raggiungiamo il Cuello de Millaris per poi procedere, a mezza costa, accanto ad un torrente, alla base della Faja Luenga, e infine andare incontro al Refugio del Goritz o Delgado Ubeda (2.160 m.) base per le escursioni al Monte Perdido-Mont Perdu (3.355m.).
E’ ormai pomeriggio inoltrato quando raggiungiamo il rifugio al termine di un faticoso avvicinamento. Mangiamo qualcosa ed allestiamo uno splendido campo sul bastione naturale ai margini delle pareti che precipitano sullo spettacolare canalone di Ordesa.
Note: il Monte Perdido domina l’imponente massiccio Las Tres Hermanas o Las Tres Sorores: el Cilindro De Marbore 3328m., el Monte Perdido 3355m., el Pico De Anisclo – Soum De Ramond 3254m.
Il Refugio Del Goritz si trova nel Parque Nacional de Ordesa nella cui area è proibito piantare la tenda (il campeggio libero è consentito, chiudendo un occhio, dal tardo pomeriggio al primo mattino in piazzole erbose prossime al rifugio).
Decimo giorno – Monte Perdido (3355m.)
La risalita al Monte Perduto, la terza cima della catena pirenaica, non presenta particolari difficoltà e consente allo sguardo di spaziare sull’intero arco pirenaico. Le condizioni meteorologiche non promettono niente di buono, tuttavia nonostante qualche goccia di pioggia, scegliamo di provare l’avvicinamento. La montagna è clemente. Non offre paesaggi ad ampio respiro, ma ci lascia risalire i versanti rocciosi, pur con scarsa visibilità a causa delle nubi basse. Gli ometti di pietra ci guidano, a fatica, sempre più in alto.
Ci spostiamo attraverso un paesaggio di pietraie e costoni, a volte sferzati dalle cascate. Superiamo il lago Helado (2.989m.), alla base del Cilindro de Marborè (3.328m.). Lasciamo che rimpicciolisca alle nostre spalle, mentre inseguiamo una dorsale rocciosa che si lancia verso la vetta ormai vicina, immettendosi nel ripido canalone ghiaioso che conduce in cima.
E’ La Escupidera, un canalone detritico che presenta delle aperture nel fronte roccioso che si pone a balaustra naturale sull’aggettante precipizio, per cui occorre prestare attenzione in caso di pioggia dal momento che la roccia si presenta consumata e conseguentemente scivolosa. Qualora il canale fosse ricoperto di neve a causa della pendenza e della potenziale presenza di ghiaccio, è necessario, per percorrerlo in sicurezza, essere equipaggiati di ramponi e piccozza.
Superato il passaggio, solo pochi metri fra i nevai ci separano dalla vetta. Le nubi si distendono lasciando filtrare fasci di azzurri nel paesaggio spettrale. Siamo sul tetto della montagna ma senza paesaggio intorno. Non importa. E’ stato fantastico essere arrivati fin qui. Non ci resta che tornare sui nostri passi e restare da protagonisti dentro questa magica giornata che, con il passare delle ore, si rasserena.
Undicesimo giorno
Dall’area antistante il Rifugio del Goritz, raggiungiamo il Collado De Arrablo o Collado Superior De Goritz (2.343 m.) sulla Serra Custodia, massiccio che separa il Cañon De Anisclo dal Cañon De Ordesa.
Da qui perdiamo rapidamente quota in direzione del fondovalle, accompagnati dalla rete dei torrenti, dentro il Barranco della Fon Blanca che conduce all’omonima località, dominata dalla Cascade De Fon Blanca (1.675m.).
E’ una valle stupenda, costellata di laghetti e cascatelle che si rincorrono alla base del Collado De Anisclo. Giochi d’acqua, grottoni e poi boschi si affacciano e si riflettono su celesti dalle incredibili trasparenze. E’ un posto da fiaba. E’ ormai quasi notte. Non ci rimane che fermarci qui.
Nota: il Collado De Arrablo consente di immettersi sulla Faja De Las Olas in direzione dell’omonimo panoramico rilievo, un sentiero sospeso, spettacolare, vertiginoso, a 600m. di altezza dal fondovalle, che consente di arrivare ad osservare integralmente il sottostante Cañon de Anisclo al termine di una emozionante traversata.
Dodicesimo giorno
Rientriamo al Refugio del Goritz per pranzo, quindi imbocchiamo il sentiero che scende verso il Circo de Soaso. Lasciamo alle nostre spalle il bivio per la ferrata che consente di osservare da vicino la cascata Cola de Caballo (Coda di Cavallo) fino a giungere ad un nuovo bivio alla quota di 1.820m.
Qui prendiamo il ramo di destra, imboccando il sentiero di fondovalle e giungendo alla testata del Cañon di Ordesa dove, nei pressi della cabana Refugio de Soaso, allestiamo un campo di fortuna vista l’ora tarda, godendoci il fascino dell’imponente canalone.
Nota: la Valle De Ordesa è uno spettacolare circo glaciale, situato a sud-est rispetto al massiccio del Monte Perdido, attraverso il quale il Rio Arazas si spinge a cercare il fondovalle formando laghetti e una successione di belle cascate che adornano il Circo De Soaso.
Tredicesimo giorno
Dall’area di bivacco nel cuore del Cañon di Ordesa, risaliamo verso la Faja De Pelay, un sentiero esposto, in sinistra idrografica, che consente di seguire dall’alto, costeggiando baratri che arrivano a 500 m. di altezza, la vallata sottostante. Il percorso è pianeggiante con lievi saliscendi, aggettante sul canalone del Rio Arazas il cui serpeggiare è visibile dall’alto. Il sentiero, nonostante il cielo coperto, offre comunque scorci eccezionali e ci accompagna, assieme ad un bosco che progressivamente diviene più fitto, al Mirador De Calcilarruego e alla sua terrazza panoramica (1.950 m.) sulla splendida Valle De Ordesa e il Circo De Cotatuero con in lontananza La Breche De Roland.
Una ripida discesa ci porta infine al fondovalle, alla base del Circo De Soaso, attraverso il frequentatissimo sentiero della Senda De Cazadores (Sentiero Dei Cacciatori). Siamo nella Pradera De Ordesa (1.320m.) al termine di questo straordinario trekking. Dalla bucolica vallata, nel cuore dell’area protetta, torniamo al caratteristico villaggio di Torla dove ci concediamo una nuova notte in terra spagnola, prima del lungo rientro a casa.
Nota: le Fajas (letteralmente il termine Faja richiama i termini striscia, benda, fascia) sono strette cornici orizzontali che permettono di attraversare la vallata in posizione sopraelevata attraverso strapiombanti e vertiginosi sentieri.
Cartografia:
Mapa Excursionista Alpina 3000 “Monte Perdido – Vignemale – La Munia”, Editorial Alpina (Escala 1:30000)
Mapa Guia Excursionista “Ordesa y Monte Perdido Parque Nacional” – Editorial Alpina (Escala 1:40.000)