Slovenia: Parco nazionale del Triglav

Slovenia, dimora di una natura selvaggia, reggia di montagne spoglie, che stringono l’intrico dei sempreverdi nel cuore delle vallate, regno d’acque e del loro inesausto lavorio sulla pietra. Anche qui, il territorio racconta del passare del tempo. Lo fa con un’austerità ed un’anima che ti costringe a fermarti e a pensare. La severità dell’ambiente è quasi richiamata dall’aspra pronuncia dei toponimi locali e dalle poche parole delle genti di montagna. E’ l’estate 2011 e il Triglav è la nostra meta. Di questa terra sappiamo ben poco. La scopriremo strada facendo.

Primo giorno

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Voliamo da Alghero a Venezia-Mestre, quindi Gorizia e poi, improvvisamente, Slovenia, Nova Gorica senza soluzione di continuità, poi Tolmin, e infine Kobarid (Caporetto) nell’alta valle dell’Isonzo, in uno scenario di prati e colline che si aprono attorno al verde smeraldo del fiume, Soča in sloveno, oggi dalle tonalità incredibilmente chiare e dall’aspetto lattiginoso. Ci fermiamo qui, poco fuori dall’abitato. Giunti al ponte di Napoleone, che unisce le vicine sponde, non lo attraversiamo, per proseguire lungo la strada che costeggia il fiume e, dopo poco meno di un chilometro, giungere al campeggio Lazar che ci ospiterà per la nostra prima notte in terra slovena.

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Secondo giorno

Nonostante il nostro impegno non riusciamo a trovare, nei pochi esercizi commerciali dentro e fuori paese, delle bombolette di gas che si adattino ai nostri fornellini da campeggio. Con Sergio e Pietro ci costringiamo a tornare a Tolmin dove riusciremo a trovare quel che ci necessita in un fornitissimo negozio di articoli sportivi.

Quando rientriamo per riunirci a Lucio e Sonia è ormai tarda mattinata, per cui decidiamo di fermarci un giorno in più in questa valle profondamente incisa dall’Isonzo e dai suoi affluenti. Ne approfittiamo per visitare Kobarid (Caporetto). Quel che sorprende di questi luoghi è il silenzio, rotto soltanto dal gorgoglio del torrente, la stessa quiete di Nova Gorica, di Dreznica, meditabonda, rispettosa. Ti invita a vivere un oggi che non dimentichi la lezione di ieri, prima di proiettarsi a domani. Visitiamo il Kobariski-muzej, che racconta degli scontri tra gli eserciti italiano e austriaco durante il primo conflitto mondiale, e il sacrario di Sant’Antonio che custodisce i resti dei numerosissimi soldati caduti fra queste montagne.

Terzo giorno

E’ tempo di mettersi in marcia. Non prima però di aver visitato la vicina cascata Kozjak, sull’omonimo torrente, affluente sinistro dell’Isonzo. Il sentiero è segnato dal cartello Slap Kozjak, subito dopo la diramazione per Drežnica, poco oltre il ponte sospeso sul fiume, nei pressi del campeggio.

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Immette in una forra verdissima cinta dai boschi ai margini del fiume e conduce alla suggestiva cascata Veliki Kozjak. Qui l’acqua precipita da una fenditura nella parete immettendosi, con un salto di quindici metri, in un affascinante ambiente scavato nella roccia. Alla sua base un laghetto dalle tonalità verdi e azzurre esalta la scarsa luminosità del luogo.

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Torniamo sui nostri passi, proseguendo su un sentiero nel bosco, che ci consente di raggiungere Dreznica evitando buona parte della strada asfaltata. Il centro abitato, non distante, da Kobarid, si trova alle pendici occidentali del Krn, il Monte Nero. Dopo una breve sosta per rifornirci d’acqua alla fontana al centro del villaggio, torniamo all’ingresso del paese e, con il Krn di fronte, svoltiamo a destra, per raggiungere, dopo qualche centinaio di metri, un capitello religioso. Seguiamo, quindi, il sentiero in salita che si dirige verso il ponte sul torrente Ročica ed entriamo nel Parco Nazionale del Triglav (Triglavski Narodni Park).

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Vista l’ora tarda ci fermiamo poco oltre, sistemando le tende in mezzo alla foresta tra grossi affioramenti rocciosi nei pressi del sentiero accanto al ruscello.

Quarto giorno

Ci svegliamo di buon ora, proseguendo sul sentiero nel bosco fino al vicino crocevia.

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Qui il gruppo si divide. Lucio, Pietro e Sonia svoltano a destra, scegliendo di avvicinarsi al Krn, attraverso il ripido sentiero che si arrotola attorno al versante boscoso e poi prosegue a cielo aperto con una netta svolta, su una più ripida dorsale rivestita di prati. Io e Sergio svoltiamo invece a sinistra imboccando il percorso denominato Zahodna Drezniska Smer (Western Dreznica Route). Qui la foresta da il meglio di se. Gli alberi assumono pose grottesche mentre i torrenti giocano a nascondino nel fitto sottobosco. Raggiungiamo l’accogliente bivacco Crnik (1.216 m.), dove possiamo rifornirci d’acqua. Riprendiamo a salire in mezzo agli alberi, sempre più radi, fino ad arrivare ad uno slargo roccioso. Qui lo sguardo può spaziare sul panorama circostante, dominato dalla verticalità del Monte Nero. Le pareti sono vicine. Indossiamo l’imbrago e cominciamo la ripida salita segnata dal cavo d’acciaio della via ferrata Silvio Koren. Dalla nostra prospettiva sembra impossibile raggiungere il Rifugio Gomišček sul Krn (Gomiščkovo Zavetišče na Krnu) che si nasconde in prossimità della vetta. Una stretta cornice inerbita riesce a farci prendere quota portandoci sempre più in alto per pendii scoscesi. Il sentiero, non sempre attrezzato, si arrampica sul crinale per balze aggettanti, per poi tagliare longitudinalmente il versante attraverso una dorsale rocciosa e piegare nuovamente in direzione della cima con passaggi strapiombanti. Abbiamo zaini molto pesanti, che rendono precario il passo e rischiano di sbilanciarci durante la progressione nei tratti non attrezzati, veri e propri  fazzoletti di terra sospesi tra la pietra e il cielo che ci costringono a chiamare a raccolta tutta la nostra concentrazione e determinazione. Non è ammessa distrazione e non è facile individuare degli angoli dove potersi fermare e rifiatare, senza sentirsi chiamare dal vuoto circostante. Fortunatamente nel tratto finale, la via è quasi integralmente attrezzata con cavi e robuste scalette che portano a superare rapidamente importanti dislivelli. Raggiungere il rifugio addossato sul versante meridionale del Krn a una quota di 2.182 m. è un’esperienza esaltante. Quassu ritroviamo i nostri compagni esausti ma pronti a ripartire per scalare agevolmente la vicina cima (2.244 m.).

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Il Monte Nero ci gratifica lasciando che il nostro sguardo spazi su un paesaggio che al tramonto esalta il profilo lontano del Triglav, montagna sacra per gli sloveni.

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Non ci fermiamo al rifugio ma tagliamo in direzione della Batognica (Monte Rosso) per un crinale inerbito che perde quota nel condurci al sottostante valico. E’ la Krnska Skrbina (Sella Sonzia). Siamo a 2.058 m., un’area di grande suggestione per la presenza dei resti delle strutture militari attorno alle quali si nascondono bunkers e tunnels non accoglienti. E’ qui che montiamo le tende ormai a tarda sera, in una radura prossima al sentiero che giunge dal fondovalle. La vista sull’italia, che come noi si accinge ad addormentarsi, è straordinaria.

Quinto giorno

Mattina uggiosa. Qualche goccia di pioggia. Ciò nonostante ci rimettiamo in marcia risalendo una suggestiva ed aggettante scala intagliata nella roccia.

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Raggiungiamo la piatta superficie della Batognica, cruento teatro di battaglia tra le vicine postazioni italiane e austriache durante la prima guerra mondiale. La superficie dilaniata e sventrata della sommità, lascia solo immaginare la terribile devastazione generata dalla guerra di mine tra le vicinissime postazioni.

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Visitiamo alcuni degli angusti avamposti militari occupati dalle milizie italiane per poi spostarci in direzione della Saddle of Prag (2.068 m.) che in breve raggiungiamo. Poco oltre una traccia appena percettibile si stacca verso l’alto e ci consente di raggiungere agevolmente la linea di cresta  e salire in cima al Vhr Na Peski (2.176 m.), dominata dalle fortificazioni austriache. Il comodo sentiero prosegue a mezza costa, serpeggiando ai margini della testata del bel vallone roccioso Po Luznici,  dove le tonalità verdi del fondovalle attorno al caratteritico specchio d’acqua del Jezero v Luznicisi, incontrano il candore delle sovrastanti ripide pietraie.

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Seguendo il sentiero sempre in quota, passiamo accanto al monumento dedicato ai caduti austroungarici, prima di scendere più decisamente accanto ad imponenti ghiaioni sempre ai margini di una vallata colorata dalle striature verde intenso dei boschi.

La pietra lascia sempre più spazio al verde pastello dei prati man mano che scendiamo verso i vecchi ruderi militari del Bogatinsko Sedlo  (1.803 m.) attraversati da una carrareccia invasa dalla vegetazione.

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Da qui risaliamo faticosamente alla sella Vratca da cui è possibile guardare al Krn ormai in lontananza prima di proseguire su comodo sentiero, in discesa, verso il rifugio Koka Pod Bogatinom (1.513 m.) i cui gestori ci consentono di sistemare le tende di fronte al rifugio.

Sesto giorno

Dal rifugio Koka Pod Bogatinom, ci spostiamo al vicino rifugio Dom Na Komni (1.520 m.). Qui Pietro ci lascia perché non in buone condizioni fisiche. E’ un brutto colpo ma il trekking va avanti. Il sentiero si addentra in un fitto bosco che offre splendidi scorci panoramici sulla vallata di Bohinj, per poi puntare al cuore della valle e portarci sopra il Crno Jezero (Lago Nero) a 1.294 m. nella Valle dei Sette Laghi, che raggiungiamo per stretti tornanti.

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Qui ci concediamo un bagno tonificante prima di riprendere il sentiero che, in leggera salita, attraversa la Lopukniska Dolina, serpeggiando nel cuore di uno splendido bosco fino alla parete calcarea del Bela Skala (Roccia Bianca). Qui alcuni ripidi tornanti portano alla quota di 1.700 m., dove, in corrispondenza di una biforcazione giriamo a sinistra per arrivare in breve all’incantevole Dvojno Jezero (Lago Doppio) ed al rifugio Koca Pri Triglavskih Jezerih (Rifugio dei Sette Laghi).

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La struttura si trova in una posizione meravigliosa, in mezzo ad una radura ai bordi del bosco, accanto all’incantevole specchio d’acqua. Siamo ai piedi del Monte Ticarica, la cui vista con i colori del tramonto è davvero spettacolare. Niente bivacco qui. Non ci sono alternative al pernottare nell’affollatissimo rifugio.

Settimo giorno

Nostro malgrado dobbiamo lasciare il Lago Doppio (1.685 m.) alle nostre spalle per proseguire nel cuore della valle, sempre su un sentiero agevole da percorrere. Il paesaggio muta completamente. Il verde dei boschi lascia presto spazio all’ambiente carsico non meno suggestivo. Il paesaggio continua a regalare scorci meravigliosi impreziosito dagli specchi d’acqua del Veliko Jezero (Lago Grande 1.830 m.) e, più in alto, del Zeleno Jezero (Lago Verde 1.990 m.).

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Il semtiero ci accompagna fino al rifugio Zasavska Koca na Prehodavcih (2.071 m.), su un’altura panoramica alla testata della valle. L’emozione è grande nel poter toccare con lo sguardo le maggiori cime delle Alpi Giulie.

Ottavo giorno

Condizioni meteo non favorevoli ci trattengono al rifugio. Ne approfittiamo per riprendere fiato ed esplorare l’enorme piana circostante, culla del più alto fra i sette laghi, il lago sotto il Vršac (Jezero pod Vršacem 1.993 m.), nascosto nel paesaggio di nuda pietra, modellata dalle gelide acque di scioglimento dei vicini nevai, leste ad immergersi nel cuore calcareo del sottosuolo.

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Dalle creste più alte, oggi velate di nubi, è possibile godere di splendidi scorci sulla sottostanti vallate e i solitari specchi d’acqua, incastonati nella pietra o posati nella foresta.

Nono giorno

Dal rifugio Zasavska Koca na Prehodavcih, scendiamo con direzione sud-est nella conca del vicino Rjavo Jezero (Lago Marrone) per poi portarci con un ampio arco alla base dei pendii meridionali del Kanjavec (2.568 m.).

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Qui posati gli zaini accanto al sentiero, affrontiamo la bella salita che conduce in cima. Riprendiamo la marcia in mezzo alle nubi risalendo  bastioni calcarei immersi in un ambiente lunare fino alla sella Cez Hribarice (2.358 m.), quindi forcella Dolic (2.164 m.) e sosta di approvvigionamento al rifugio Trzaska Koca na Dolicu (2151 m.) ex Capanna Triestina al Dolič.

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Scendiamo gradualmente nella Velska Dolina (2.100 m.), immersi in un fantastico canalone calcareo, con l’intenzione di avvicinarci al rifugio Vodnikov Dom (1.805 m.) che, a tarda sera, non riusciamo a raggiungere, per cui allestiamo il campo nel bosco alla base degli aggettanti versanti calcarei.

Decimo giorno

Dai margini della Velska Dolina continuiamo la discesa in direzione del Velo Polje e del Vodnikov Dom (1.805 m.) dove facciamo colazione. Da qui una lunga e panoramica salita offre preziosi scorci sul paesaggio circostante. Il sentiero, a tratti attrezzato,non presenta particolari difficoltà. Immerso in uno scenario sempre selvaggio ed austero, ma meravigliosamente vivido, ci accompagna  al rifugio Triglavski Dom Na Kredarici (2.515 m.) all’ombra del Triglav.

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Oggi è un giorno di festa quassù. In coincidenza con il nostro arrivo si festeggia infatti l’anniversario della costruzione della cappella della Madonna delle Nevi. E’ incredibile e, al tempo stesso, emozionante, fare gli ultimi passi ed affacciarsi al pianoro del rifugio vestito a festa, accompagnati dal suono delle campane di questa chiesetta che tocca il cielo alle pendici del Triglav.

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Undicesimo giorno – Ascensione al Triglav

Dall’affollatissimo rifugio, ci spostiamo di buon’ora, in direzione sud-sud-ovest, fino a raggiungere la sella ai piedi del Mali Triglav, il Piccolo Triglav (2.725 m.). Qui un ripido pendio detritico porta ai primi passaggi su roccia. Il percorso, attrezzato con pioli e cavi metallici, ci accompagna fino alla cima del Mali Triglav. Da qui proseguiamo lungo una cresta panoramica, quasi pianeggiante che conduce in prossimità della vetta.

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Un ultimo ripido tratto conduce finalmente in cima, ricolma di escursionisti, al cospetto della caratteristica torretta metallica bianco-rossa dell’Aljazev Stolp (Torre Aljaz), realizzata nel 1895 e dedicata al parroco alpinista Jakob Aljaz.

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La discesa dalla montagna non presenta particolare difficoltà nonostante la presenza di numerosissimi escursionisti che rallenta la progressione e ci tiene in costante apprensione per la possibile caduta di pietre dall’alto (il casco da queste parti è d’obbligo).

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Una breve sosta e ripartiamo verso il Dom Valentina Stanica Pod Triglavom (2.332 m.), attraverso saliscendi attrezzati nei punti più esposti ma mai realmente pericolosi. Ci troviamo nel cuore di un paesaggio tormentato, punteggiato di doline, in cima ad imponenti ghiaioni che precipitano su una piana spoglia e rocciosa. Raggiungiamo il rifugio, posato su un piccolo altopiano sotto il Monte Visoka Vrbanova Špica, nel cuore del massiccio. Siamo ancora altissimi rispetto al fondovalle. Imbocchiamo un canalone impegnativo in forte pendenza che conduce all’evidente forcella affacciata su una valle rivestita di boschi.

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Pare quasi fatta, ma la via infinita prosegue dentro il bosco su una cornice rocciosa che precipita al margine di vertiginose pareti che, nascoste dal fitto bosco, si lanciano verso il fondo altissimo del canalone, animato, man mano che perdiamo quota, da rumoreggianti cascate. Il sentiero su cenge verdeggianti dalle forti pendenze, attrezzato con fittoni metallici nei tratti di maggiore esposizione, si dimostra impegnativo anche a causa dei nostri voluminosi zaini. Ci tiene impegnati a lungo, fino al momento in cui, in prossimità del fondovalle, l’addolcirsi delle pendenze ci consente di penetrare nel bosco accanto al fiume, nelle vicinanze di una pittoresca cascata. Un luogo fantastico per l’ennesimo campo sotto le stelle in terra slovena.

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Dodicesimo giorno

Il sentiero, sempre in discesa, costeggia il torrente per pendii meno ripidi fino al fondovalle  e all’area di sosta nei pressi del rifugio Aljazev Dom  (1.015 m.). Siamo nella Val Vrata nei pressi di Mojstrana, località di arrivo del nostro trekking. E’ tempo di rientrare a casa, con sempre più nitida la consapevolezza che casa è ovunque, anche qui, dove è stato bello posare il passo, focalizzare i pensieri, trovare parole, qui dove un giorno sarà piacevole tornare.

Cartografia: “Triglavski Narodni Park – Tourist Map of Triglav National Park” (1:50.000)       © Kartografija  www.kartografija.si

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